Frasi di Gianni Rodari

Frasi di Gianni Rodari

Sono partiti i festeggiamenti per il centenario della nascita di Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980). Gianni Rodari, poeta e pedagogista, è uno dei più grandi e importanti autori italiani di letteratura per bambini e ragazzi. I suoi libri, famosi in tutto il mondo, sono stati tradotti in tante lingue meritando diversi riconoscimenti, fra cui (nel 1970) il prestigioso premio «Hans Christian Andersen».

frasi di gianni rodari

Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo.

È difficile fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco. Bambini, imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi.

La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni.

Quanto pesa una lacrima? Dipende: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra.

Tutti gli usi della parola a tutti, non perché tutti siano artisti ma perché nessuno sia schiavo.

Nelle nostre scuole, generalmente parlando, si ride troppo poco. L’idea che l’educazione della mente debba essere una cosa tetra è tra le più difficili da combattere.

La fantasia non è un lupo cattivo del quale si debba aver paura.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.

Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? Se si mettessero insieme le lagrime versate nei cinque continenti per colpa dell’ortografia, si otterrebbe una cascata da sfruttare per la produzione dell’energia elettrica. Ma io trovo che sarebbe un’energia troppo costosa.

Gli errori sono necessari, utili come il pane, e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa.

Chissà perché quelli che hanno il cuore buono davvero si sforzano sempre di non farlo sapere agli altri.

È inutile parlare di libertà a uno schiavo che pensa di essere un uomo libero.

Se ci diamo una mano, i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l’anno.

Con un po’ di esercizio è possibile prendere lezioni di ottimismo anche da Giacomo Leopardi.

Bisogna che il bambino faccia provvista di ottimismo per sfidare la vita.

Certi tesori esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova.

Le favole dove stanno?
Ce n’è una in ogni cosa:
nel legno del tavolino,
nel bicchiere, nella rosa.

Il mondo si può guardare a altezza d’uomo, ma anche dall’alto di una nuvola (con gli aeroplani è più facile). Nella realtà si può entrare dalla porta principale o infilarvisi – è più divertente – da un finestrino.

Se un bambino scrive nel suo quaderno «l’ago di Garda», ho la scelta tra correggere l’errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l’ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo «ago» importantissimo, segnato anche nella carta d’Italia. La Luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso?

Un «libbro» con due b sarà soltanto un libro più pesante degli altri, o un libro sbagliato, o un libro specialissimo?

Il verbo leggere non sopporta l’imperativo.

Se in casa sono solo, non mi lagno:
con la mia libreria
io sono sempre in buona compagnia.

Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione.

La catena si vergognava di se stessa.
«Ecco – pensava – tutti mi schivano e hanno ben ragione: la gente ama la libertà e odia le catene.»
Passò di lì un uomo, prese la catena, salì su un albero, ne legò i capi a un ramo robusto e ci fece l’altalena per i suoi bambini. Ora la catena serve per far volare in alto i figli di quell’uomo, ed è molto contenta.

In cuore abbiamo tutti un cavaliere pieno di coraggio, pronto a rimettersi sempre in viaggio.

Tanta gente non lo sa
e dunque non se ne cruccia:
la vita la butta via
e mangia soltanto la buccia.

Nel paese della bugia la verità è una malattia.

Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore.

C’era una volta una bambina che si chiamava Cappuccetto Giallo.

Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.

Conosco un bimbo così povero che non ha mai visto il mare: a Ferragosto lo vado a prendere in treno a Ostia lo voglio portare.
“Ecco guarda questo è il mare, pigliane un po’”
Col suo secchiello ne ruberà niente ma con gli occhi che sbatterà il mare intero prenderà.

Non si può essere mai sicuri di quello che un bambino impara guardando la televisione. E non si deve mai sottovalutare la sua capacità di reagire creativamente al visibile.

Chiedo scusa alla favola antica
se non mi piace l’avara formica
io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende… regala!

Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo.

Fu cambiato l’ordine degli anelli ma la catena rimase una catena.

L’incontro decisivo tra i ragazzi e i libri avviene sui banchi di scuola. Se avviene in una situazione creativa, dove conta la vita e non l’esercizio, ne potrà sorgere quel gusto della lettura col quale non si nasce perché non è un istinto. Se avviene in una situazione burocratica, se il libro sarà mortificato a strumento di esercitazioni (copiature, riassunti, analisi grammaticale eccetera), soffocato dal meccanismo tradizionale: «interrogazione-giudizio», ne potrà nascere la tecnica nella lettura, ma non il gusto. I ragazzi sapranno leggere, ma leggeranno solo se obbligati.

Perché la verità è più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.

E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare.

 

Se io avessi una botteguccia
Fatta di una sola stanza
Vorrei mettermi a vendere
Sai cosa?
La speranza

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