I docenti sanno sempre valutare?

I docenti sanno sempre valutare?

la valutazione scuola

Una scuola premiale con i furbi fallisce la sua missione educativa e crea i guasti che la società dovrà pagare!

Tempo di esami, di bilanci, di voti, di percorsi scolastici che si chiudono ma a differenza delle fiabe spesso, molto spesso, non c’è il lieto fine. Speranze disattese e sogni frantumati. Il primo impatto con una realtà popolata da iniquità e da “mostri” che si ergono con il loro giudizio inappellabile.
Quando sei un insegnante uno dei momenti più difficili e critici è proprio quello della valutazione.
E’ vero, essa rappresenta una tappa irrinunciabile della prassi dell’insegnamento. Nella sua veste però nasconde una grande quantità di insidie. Personalmente abolirei tutti i voti, soprattutto nella Scuola Primaria. Al limite a conclusione del quinquennio scriverei per ciascun alunno un bel giudizio complessivo dell’esperienza maturata.
Ogni docente dovrebbe saper utilizzare coscienziosamente lo strumento della valutazione presente nella sua valigetta degli attrezzi. Dovrebbe essere cioè in grado di analizzare il percorso didattico di ciascun alunno, di perfezionarlo lungo il tragitto, di modificarlo assecondando le esigenze e i bisogni dell’allievo.
Gli insegnanti tendono a dividersi in due macro categorie. Vi spiego perché…
Vi sono i “tecnici” dell’insegnamento: coloro che entrano in classe pensando di svolgere un lavoro d’ufficio e dimenticano che tra quei banchi palpita il futuro.
E poi ci sono quelli che hanno scelto questa professione vivendola come una vera “vocazione”. (Qualcuno dopo aver letto questa frase avrà fatto una piccola smorfia di disapprovazione ).
Vi parlerò prima di questi ultimi.
Sono uomini e donne che amano gli alunni: li adorano e investono parte del loro tempo libero e lunghe serate nel tentativo di costruire lezioni brillanti e innovative. Cercano gli spunti migliori e sperano di lasciare, dopo ogni spiegazione, un segno positivo del loro passaggio. Sono stelle dalle brillanti scie luminose, veri e propri fari verso i quali gli allievi rivolgono sguardi smarriti nei difficili sentieri della crescita. Essi traboccano di idee. Sono talvolta inquieti e severi verso se stessi, soprattutto la sera quando nell’esame della loro giornata temono di non essere riusciti a realizzare quanto avevano progettato.
Capita che urlino, si agitino, lanciandosi in prediche di una lunghezza infinitesimale, salvo poi pentirsi e scusarsi per ammettere di aver esagerato… sì perché sono uomini e donne imperfetti e non si vergognano nel riconoscere, davanti alla classe, di aver sbagliato senza temere di essere considerati per questo fragili.
Alcuni di loro vivono attraverso i sogni degli alunni e le loro ambizioni diventano un pezzetto irrealizzato delle proprie. A distanza nel tempo li guarderanno riempiendosi gli occhi di caldo orgoglio e un sorriso fiero si dipingerà sul volto trionfante per i successi dei loro ragazzi. Talvolta sono uomini e donne attraversati da sottili sensi di colpa che li assalgono quando non sono riusciti a conquistare la classe con i loro personali insegnamenti. E allora ci riprovano, perché amano le sfide e da esse traggono forza.

Sono docenti che sanno instaurare con gli alunni buone relazioni: li ascoltano, si sforzano di conoscerli, interagiscono cercando di stabilire rapporti empatici e strade di dialogo. Sono uomini e donne di parola, ma anche di fatti. Perché sanno che i modelli che essi incarnano valgono più delle belle teorie enunciate.
Vivono l’insegnamento con uno spirito eroico, così nella valutazione della classe sono instancabili “muratori etici”: costruiscono per ciascun alunno una piramide di valori, la cui base è rappresentata dall’impegno profuso per lo studio, l’esecuzione regolare e costante dei compiti assegnati. Al vertice pongono il rispetto, un rispetto ricevuto da un numero purtroppo oggi sempre più basso di alunni. (Un rispetto vero e concreto che non si traduce in piaggeria, che non veste i panni della furbizia o della menzogna, che rifugge dalle preghiere e dalle suppliche dirette o mediate dai genitori. Un rispetto puro, quasi discreto, che non fa rumore in mezzo al caos assordante della maleducazione diffusa e degli atteggiamenti di insofferenza tanto frequenti anche tra i più piccoli.)
In quella piramide valoriale della valutazione troviamo, in buona posizione, lo “spirito” dei ragazzi: c’è il tipo brillante, originale, critico, il meditativo, riflessivo, profondo. Come non premiare quello spirito indipendente che si fa strada tra le conoscenze e sfida gli altri con la solitudine delle sue idee diverse?!

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Questi docenti “valorizzano” le capacità di ciascuno per non omologare i risultati. Non si preoccupano di scontentare chi non merita e decidono di non premiare, anche se da più parti viene loro richiesto di farlo, per convenzione o peggio per raccomandazione. Essi quando decidono di usare i pesi della bilancia lo fanno con giustizia ed equità ma con il peso più importante del cuore.
Poi ci sono i “tecnici” dell’insegnamento, sono una piccola minoranza è vero, che invece creano ombre sulla scuola, la umiliano e la offendono. Si mettono seduti dietro la cattedra, come se fossero preziosi monili in vetrina. Sono docenti che si fermano alla superficie, refrattari al dialogo e alla conoscenza, chiusi nei loro giudizi e pregiudizi nati da una prima impressione e incapaci di modificarla. Prigionieri di un distacco dal freddo artico, considerano gli studenti come numeri e contano le ore che mancano alla fine della loro giornata lavorativa.

Vengono osservati, studiati e analizzati dai loro alunni che con occhi calibrati e giudizi spietati verificano tutti gli atteggiamenti che questi assumono e come giudici imparziali soffriranno dinanzi ai gesti scorretti ogni volta che ne vedranno qualcuno sotto i loro occhi. Ringhieranno di fronte agli atteggiamenti dei “tecnici” segnati dai favoritismi e si mostreranno insofferenti verso gli atti di cieca indulgenza concessi ai furbetti. Sarà poi l’insieme dei mattoni di tutte queste osservazioni a generare la nascita di un muro invisibile, costruito con pietre di sbagli grossolani e calce amara, che separerà i probi studenti da questi docenti “tecnici”.
Così molti ragazzi scopriranno, alla fine dei loro studi, che la meritocrazia è un’utopia.

I “tecnici” dell’insegnamento avranno fornito, con il loro comportamento, un esempio del cattivo funzionamento della nostra società. Il sapore acido delle ingiustizie scolastiche subite da tanti studenti lascerà tracce tatuate sulla loro pelle, la scarsa considerazione ricevuta produrrà un senso di sfiducia nel sistema scolastico. Mi piace pensare però che in quei ragazzi che ce l’hanno messa tutta per dare il meglio, al di là dei risultati ottenuti, possano nascere la consapevolezza e l’orgoglio di aver fatto sventolare la bandiera della propria onestà intellettuale, libera di muoversi al vento del valore della persona che nessun voto potrà mai fermare.

Maria Ruggi (Riproduzione riservata)

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