Storie e leggende di Halloween

Storie e leggende di Halloween

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Una raccolta di storie, leggende e racconti di Halloween per bambini.

Leggenda di Halloween Jack O’Lantern

C’era una volta un fannullone e scommettitore dal brutto caratteraccio, dedito all’alcool, chiamato Stingy Jack. La sera di Halloween, dopo essersi ubriacato, Stngy Jack si ritrovò di fronte il Demonio intenzionato ad impossessarsi della sua anima. Jack chiese al Diavolo che gli venisse concesso di bere un ultimo bicchierino. Ottenuto il permesso, si lamentò del fatto che non aveva nemmeno un soldo per pagare la consumazione, così pregò il Demonio di trasformarsi in una moneta da 6 pence.
Avvenuta la mutazione, Jack afferrò la moneta e la mise nel suo portafoglio, avente la caratteristica di una croce ricamata sopra. Imprigionato irrimediabilmente, per riottenere la libertà, il Diavolo accettò il patto proposto da Jack, che consisteva nel posticipare di un anno la sua morte.
La vigilia di Ognissanti seguente, il Diavolo si ripresentò per ottenere l’anima dell’uomo. Questa volta Jack gli propose una scommessa: non sarebbe più riuscito a scendere da un albero. Il Diavolo sorrise ed accettò, salendo su un albero lì vicino. Fu allora che Jack incise sulla corteccia una croce, che impediva al Diavolo di saltare giù.
Con la vittoria in pugno, Jack propose al Diavolo un patto: egli avrebbe cancellato la croce, se lui si fosse impegnato a non tentarlo più. Dopo circa un anno, Jack morì. Al suo bussare alle porte del Paradiso venne risposto che non sarebbe potuto entrare perché aveva condotto una vita dissoluta piena di peccati. Giunto all’Inferno, anche il Diavolo gli negò il permesso di entrare, perché ancora offeso per come era stato preso in giro. Il Diavolo regalò a Jack un tizzone per farsi luce nel limbo oscuro. Jack si ingegnò per far durare più a lungo quella luce e la ripose in una rapa svuotata, ricavandone così una lanterna. Da allora Jack fu soprannominato Jack O’Lantern”.

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Fantasma formaggino

C’erano una volta tre bambini che si chiamavano Luigi, Marco e Luca. Un giorno Luigi, il più spavaldo dei tre propose agli amici di andare a passare la notte nella casa diroccata in fondo alla strada, nella quale si raccontava abitassero dei fantasmi. Era una grande casa scura, con vetri rotti, porte cigolanti, edera a coprire quasi tutti i muri esterni; la casa si trovava in fondo ad uno scuro viale dietro un cancello arrugginito ed i bambini della zona che erano costretti a passare lì davanti per andare a scuola, per la paura, cambiavano marciapiede.
Marco e Luca avevano paura ma non volevano farlo vedere e così accettarono la proposta dell’amico e la sera di Halloween si ritrovarono davanti al vecchio cancello arrugginito.
Entrarono nel giardino abbandonato passando per un buco della recinzione e cominciarono a camminare lungo il vialetto di ghiaia. Ad ogni passo avevano la sensazione di essere seguiti, era come se sentissero dei passi, ma appena provavano a sbirciare con la coda dell’occhio non vedevano proprio nessuno. Senza dirsi nulla i tre si fecero sempre più vicini.
Il primo a mettere piede oltre la porta d’ingresso fu Luigi, subito il vecchio pavimento di legno scricchiolò. I tre rabbrividirono, e alla luce di una torcia salirono su per le scale e si infilarono nella prima stanza che trovarono aperta. La porta si chiuse dietro le loro spalle sbattendo forte ed i tre sussultarono atterriti. Nessuno però voleva cedere per primo, così estrassero i loro sacchi a pelo dagli zaini, ci si infilarono e si sistemarono a terra per dormire.
Ogni rumore, ogni scricchiolio, ogni alito di vento li spaventava a morte. Poi, inoltrandosi nella notte, il sonno prese piano il sopravvento e si addormentarono.
Furono svegliati di soprassalto a mezzanotte in punto dalla pendola che suonava le ore. Un battito, poi un altro, un altro ancora, ma lo scricchiolio che sentirono questa volta era diverso, più ritmato, non sembrava prodotto dal vento che soffiava tra le imposte, era proprio un rumore di passi. Seguito da cigolio di catene e ferri che sbattevano e un ululato che fece venire i brividi. Si strinsero tutti e tre l’uno con l’altro mentre i rumori si facevano sempre più forti. Chiunque stesse facendo quel baccano si stava avvicinando.
La porta si spalancò. Un vento gelido li avvolse. Una luce bianca e un ululato.
“Chi sei?!” Chiese Luigi atterrito.
“UHUHUHUH! Soooonoooo il faaaaantaaaaasmaaaa foooormaggiiiinoooo!”
A quel punto Luca si alzò in piedi ed urlò: “Ueh! Fantasma Formaggino! Se non te ne vai subito ti spalmo sul panino!”

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Gerardo e la candela

C’era una volta, molto tempo fa, un uomo che si chiamava Gerardo. Odiava tutti e quindi avevo deciso di vivere isolato in cima ad una montagna. Abitava in un cupo castello dove c’era sempre buio e dove pioveva sempre sia in primavera che d’inverno. La gente lo evitata e si diceva che di notte l’uomo andasse in un campo di zucche per raccoglierle tutte e portarsele a casa. Si cibava solo di quelle: succo di zucca, pasta alla zucca, ravioli di zucca, marmellata di zucca… etc.
Un giorno si spensero le candele del castello e Gerardo aveva finito tutti i fiammiferi e così decise di scendere giù nei sotterranei, dove sapeva che era rimasta almeno una candela e un fiammifero. Scese nel buio e a tastoni trovò il tavolo dove c’era sopra la candela con accanto il fiammifero.
Gerardo l’accese e, non sapendo dove appoggiarla, la mise dentro ad una delle tante zucche vuote di cui i sotterranei del castello erano pieni. Gerardo non sapeva di avere in mano una candela proibita: chiunque la toccasse poteva esaudire un desiderio. Il desiderio dell’uomo era sempre stato quello di spaventare tutta la gente che sparlava di lui. Detto e fatto, Gerardo si trasformò in una strega.
Salì su una scopa magica e partì per raggiungere il paese. Atterrò davanti alla porta di una delle tante case e bussò tre volte di seguito. Aprirono due bambini che si trovarono di fronte ad un’orrenda strega. Gerardo pronunciò parole magiche per trasformare i bambini in topolini, ma la magia non funzionò perché le magie cattive non avevano potere sui bambini.
Gerardo si zittì ed i bambini non sapendo cosa fare gli offrirono dei cioccolatini e gli fecero compagnia. L’uomo allora regalò loro la candela dentro la zucca e gli insegnò la formula magica. E i bambini decisero di usarla non per trasformare le persone ma per ottenere qualche dolcetto in più.

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Paura del buio di Ray Bradbury

C’era una volta un ragazzo cui non piaceva il buio. Amava lanterne e lampade, torce e candele, fiammate e fasci di luce.
Ma non amava il buio, cioè la Notte. Non amava per niente gli interruttori della luce, perché gli interruttori spegnevano le luci gialle, quelle verdi e quelle bianche, le luci dell’ingresso, le luci di tutta la casa. Non avrebbe voluto per nessuna ragione toccare l’interruttore. E non sarebbe mai andato a giocare fuori, al buio.
Una notte, il ragazzo si aggirava tutto solo per la casa.
Mio Dio, che splendore di luci! Sembrava che la casa fosse in fiamme!
Tutto a un tratto sentì un tocco alla finestra.
Una ragazza stava là in piedi in mezzo alle luci bianche, le luci brillanti, le luci dell’ingresso, le luci piccole, le luci gialle, le luci calde.
Il mio nome è Oscuro – disse. Aveva i capelli scuri, gli occhi scuri, e indossava un vestito scuro e scarpe scure.
Ma il suo viso era bianco come la luna.
Tu sei triste e solo -disse. -Ti presenterò alla Notte e diventerete amici.
E spense una luce del portico.
Lo vedi – gli disse. – Non si è spenta la luce.
No! Semplicemete si è accesa la Notte. Tu puoi accendere e spegnere la Notte, proprio come puoi accendere e spegnere la luce.
E con lo stesso interruttore! Quando tu accendi la Notte, accendi anche i grilli!
E accendi le rane. E accendi le stelle! Chi può sentire i grilli e le rane con le luci accese? Nessuno. Chi può vedere le stelle e la luna con le luci accese?
Nessuno. Capisci che cosa stavi perdendo? Hai mai pensato di accendere i grilli e le rane? Hai mai pensato di accendere le stelle e l’immensa luna?
No – disse il ragazzo.
Bene, prova! – disse Oscuro.
E così fecero. Andarono su e giù per le scale per accendere la Notte.
Per accendere l’oscurità. Per far vivere la Notte in ogni stanza.
In quel momento il ragazzo fu davvero felice”.

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Il fantasma Puzzapazza

C’era una volta in un paese lontano in un castello stregato un fantasma che tutti chiamavano Puzzapazza. Nessuno del villaggio voleva andare al suo castello e lui non ne capiva il motivo: era bravo, gentile e non aveva mai spaventato nessuno. Una sera piovosa in autunno arrivò al castello un viandante che decise suo malgrado di bussare alla porta del castello.
Il fantasma Puzzapazza non credeva alle sue orecchie ed era felicissimo di avere visite. Fece accomodare il viandante nel castello con tutti gli onori, ma proprio mentre entrava in salotto gli scappo un PRRRRTTT! Mamma mia! Il viandante quasi sveniva per la puzza! Così il fantasma Puzzapazza cercò di aiutarlo e sorreggerlo ma PRRRTTT! Gliene era scappata un’altra! Il viandante era davvero disperato per la puzza! Scappava in tutte le stanze del castello cercando una stanza meno puzzolente, ma il fantasma lo seguiva cercando di scusarsi e dall’agitazione continuava a fare PRRRTTT e PRRRTTT! Il viandante scappò via e corse più lontano possibile.
Puzzapazza rimase di nuovo solo, triste e disperato.
Ma il viandante che era una buona persona, quando iniziò a respirare aria profumata, si ricordò di quanto era stato gentile il fantasma Puzzapazza ad accoglierlo nel suo castello e a quanto aveva cercato di scusarsi, così decise di aiutarlo, ma non prima di aver indossato una maschera antipuzza.
Il Fantasma Puzzapazza non credeva ai suoi occhi, mai nessuno era tornato al castello per ben due volte. Così aiutato dal viandante scoprì che il fantasma mangiava solo fagioli stregati e quindi non era colpa sua se le puzze gli scappavano in continuazione. Dopo pochi giorni di una dieta più equilibrata il problema che durava da tutta la vita del povero Puzzapazza era risolto e il fantasma organizzò una grande festa alla quale parteciparono tutti gli abitanti del villaggio.

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Giovannin senza paura

C’era una volta un ragazzetto chiamato Giovannin senza paura, perché non aveva paura di niente. Girava per il mondo e capitò a una locanda a chiedere alloggio. – Qui posto non ce n’e, – disse il padrone, – ma se non hai paura ti mando in un palazzo.
– Perché dovrei aver paura?
– Perché ci si sente, e nessuno ne è potuto uscire altro che morto. La mattina ci va la Compagnia con la bara a prendere chi ha avuto il coraggio di passarci la notte.
Figuratevi Giovannino! Si portò un lume, una bottiglia e una salciccia, e andò.
A mezzanotte mangiava seduto a tavola, quando dalla cappa del camino sentì una voce: – Butto?
E Giovannino rispose: – E butta!
Dal camino cascò giù una gamba d’uomo. Giovannino bevve un bicchier di vino.
Poi la voce disse ancora: – Butto?
E Giovannino: – E butta! – e venne giù un’altra gamba. Giovannino addento la salciccia.
– Butto?
– E butta! – e viene giù un braccio. Giovannino si mise a fischiettare.
– Butto?
– E butta! – un altro braccio.
– Butto?
– Butta!
E cascò un busto che si riappiccicò alle gambe e alle braccia, e restò un uomo in piedi senza testa,
– Butto?
– Butta!
Cascò la testa e saltò in cima al busto. Era un omone gigantesco, e Giovannino alzò il bicchiere e disse: – Alla salute!
L’omone disse: – Piglia il lume e vieni.
Giovannino prese il lume, ma non si mosse.
– Passa avanti! – disse l’uomo.
– Passa tu, – disse Giovannino.
– Tu! – disse I’uomo.
– Tu’ – disse Giovannino.
Allora I’uomo passo lui e una stanza dopo l’altra traversò il palazzo, con Giovannino dietro che faceva lume. In un sottoscala c’era una porticina.
– Apri! – disse I’uomo a Giovannino.
E Giovannino: – Apri tu!
E I’uomo aperse con una spallata. C’era una scaletta a chiocciola.
– Scendi, – disse I’uomo.
– Scendi prima tu, – disse Giovannino.
Scesero in un sotterraneo, e I’uomo indico una lastra in terra. – Alzala!
– Alzala tu! – disse Giovannino, e I’uomo la sollevò come fosse stata una pietruzza.
Sotto c’erano tre marmitte d’oro. – Portale su! – disse I’uomo.
– Portale su tu! – disse Giovannino. E I’uomo se le portò su una per volta.
Quando furono di nuovo nella sala del camino, I’uomo disse: – Giovannino, l’incanto e rotto! – Gli si staccò una gamba e scalciò via, su per il camino. – Di queste marmitte una è per te, – e gli si staccò un braccio e s’arrampicò su per il camino. – Un’altra è per la Compagnia che ti verrà a prendere credendoti morto, – e gli si staccò anche l’altro braccio e inseguì il primo. – La terza è per il primo povero che passa, – gli si staccò l’altra gamba e rimase seduto per terra. – Il palazzo tientelo pure tu, – e gli si staccò il busto e rimase solo la testa posata per terra. – Perché dei padroni di questo palazzo, è perduta per sempre oramai la stirpe, – e la testa si sollevò e salì per la cappa del camino.
Appena schiarì il cielo, si sentì un canto: Miserere mei, miserere mei, era la Compagnia con la bara che veniva a prendere Giovannino morto. E lo vedono alla finestra che fumava la pipa.
Giovannin senza paura con quelle monete d’oro fu ricco e abitò felice nel palazzo. Finché un giorno non gli successe che, voltandosi, vide la sua ombra e se ne spaventò tanto che morì.

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Rumori nella notte di Dino Buzzati
Nel silenzio entravano i rumori della notte: i fruscii misteriosi del giardino, della campagna, degli alberi, dei rami, delle foglie, del prato, le piccole voci delle bestiole, il lamento dei grilli, il gorgoglio delle lumache, delle piccole bisce, gli impalpabili squittii dei grilli-talpa e dei ragni.
E in mezzo a tanta notte, tendendo le orecchie, un lontano trapestio sull’erba e sugli stecchi, leggero leggero.
Hai sentito?- ripeté Gianni impallidito.
No, Gianni, non ho sentito niente.

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