Storie e racconti dedicati alla Terra

Storie e racconti dedicati alla Terra

storie e racconti giornata della terra

Il bambino che parlava con la terra

C’era una volta un bambino che parlava con la terra.
Gli bastava soltanto accucciarsi e porgerle l’orecchio per sentirla parlare. Il bimbo e la terra giocavano insieme, nei pomeriggi di tutti i giorni dell’anno.
“Terra, terra, come giochiamo oggi?”
“Scavami bene, deposita un tesoro e coprilo di nuovo. Domani lo ritroverai.” E così il bimbo nascondeva il soldino che gli aveva dato la mamma, per ritrovarlo il giorno successivo.
“Terra, terra, cosa facciamo oggi?”
“Prepara le montagnette per far scivolare il trenino di legno. Oppure osserva bene le formiche e scopri dove vanno. Di sicuro, non ti annoierai.”
Passarono gli anni, il bambino crebbe, andò a studiare e ritornò. Volle accucciarsi ugualmente per posare l’orecchio sul terreno. “Quanto tempo” disse la terra. Vuoi giocare di nuovo con me al tesoro sepolto? O preferisci forse le montagnette? Sai, oggi, le formiche andranno a passeggio …”
“Ma ormai sono cresciuto” rispose il ragazzo. “Non gioco più da tanti anni. Ho bisogno di un lavoro per guadagnare dei soldi che mi consentano di vivere …”
“Non preoccuparti” disse la terra. “Penserò io a te. Ho solo bisogno di pochi semini. Cercali, scavami e mettimeli dentro. Avrai frutta da vendere.” Il giovane corse al mercato agricolo, comprò i semi e fece quanto la terra gli aveva ordinato. Dopo qualche tempo poté vendere la frutta e guadagnò molto. I soldi, però, gli guastarono l’animo, e aprì una fabbrica di plastica. Così la terra e le acque si inquinarono e gli oggetti che lui comprò per sé e per la famiglia sporcarono l’ambiente.
“Voglio regalare un bel mazzo di fiori a mia moglie” pensò un giorno. “Andrò a raccoglierli io stesso in giardino.”
Camminò a lungo, guardandosi intorno, ma era inutile. Nell’immenso giardino crescevano solo bottiglie di plastica. Allora si inginocchiò e posò ancora una volta l’orecchio sul terreno.
“Terra, terra, dammi dei fiori per mia moglie.”
“Non posso” rispose la terra. “Mi hai fatto mangiare tante porcherie ed hai reso l’acqua puzzolente e più nera del petrolio. Come potrebbero crescere fiori?”
Solo allora il giovanotto capì di essersi comportato male. Chiese scusa alla terra, chiuse la fabbrica di plastica e piantò tantissimi fiori. Così tanti che, se chiudete gli occhi ed annusate, potrete sentirne ancora il profumo.
Marcella Geraci

Qui la storia in PDF


La storia del prato verde

C’era una volta una bambina di nome Michelina. Amava la natura e faceva lunghe passeggiate immersa nel verde dei prati. Un giorno, in una delle sue escursioni, arrivò in un bellissima radura verde a lei finora sconosciuta. Quale meraviglia! Un’immensità di fiori dai mille colori, farfalle ed api che volteggiavano su di essi felici. Michelina, che non aveva mai visto nulla di così bello in vita sua, ne rimase incantata e rientrò a casa contenta. Naturalmente raccontò a tutti l’esperienza appena vissuta attirando la curiosità della gente che si precipitò a vedere quella meraviglia. Ma, come si sa, non tutti sanno rispettare le bellezze del creato… qualcuno, attirato dal luogo, pensò di fermarsi per un bel picnic in mezzo alla natura e, terminato il pranzo, se ne andò lasciando sul posto cartacce, bottiglie di plastica e ogni ben di Dio.
Il prato ben presto si trasformò in una discarica a cielo aperto. L’erba iniziò a diventare gialla, i fiori soffocati dall’immondizia morirono giorno dopo giorno. E così pure gli insetti prima numerosi. Michelina, ignara dell’accaduto, ritornò dopo un bel po’ di tempo e vide lo scempio fatto alla natura. Attonita e disperata si mise a piangere pensando: Dov’è finito il mio bellissimo prato verde? Ora è tutto distrutto dall’immondizia! Tra le lacrime individuò l’ultima margherita sopravvissuta a tale disastro: il fiore, sbiadito nel suo colore iniziale, respirava a fatica e tossiva forte.
La piccola si chinò e chiese: “Cosa posso fare per te? E’ tutta colpa mia! Avrei dovuto starmene zitta!” La margherita con un filo di voce replicò: “Per me non puoi far più nulla bambina: sto morendo! L’immondizia mi ha tolto il respiro. Tu però, una cosa la puoi fare… pulisci questo prato e vedrai, che con il tempo tornerà ancora verde. Un giorno, quando sarai grande, potrai insegnare a tutti il rispetto della natura. Bastano poche azioni corrette e condivise come gettare l’immondizia negli apposite contenitori e salvare, in tal modo, dall’inquinamento tanti prati verdi. Questo lo puoi fare tu! Aiuta la natura a sopravvivere!”
Ed il fiore, stremato dallo sforzo, esalò l’ultimo respiro piegandosi su se stesso. Michelina pianse disperata, ma si ripromise di ascoltare il consiglio datole per salvare la natura. Rientrò velocemente a casa triste ma determinata: prese guanti, sacchi per l’immondizia, un bastone con la punta e tornò velocemente nel prato, animata da una forza nuova. Qui si mise a raccogliere l’immondizia dividendo coscienziosamente resti alimentari, plastica, vetro, lattine e carta. Qualcuno, incuriosito, l’aveva seguita e, dopo averla osservata, seguì il suo esempio. Il prato, grazie alla collaborazione di molti, fu quindi ripulito ma … ci volle tempo prima che la natura riprendesse a vivere. Michelina, in cuor suo, sapeva di aver adempiuto al proprio dovere.
E questa sensazione non la abbandonò mai: divenuta adulta, ben consapevole che la natura è un bene prezioso di cui tutti devono goderne, insegnò a mettere in atto
semplice gesti dettati da responsabilità e rispetto.
Patrizia Andrich

La favola del colibrì

Un giorno nella foresta scoppiò un grande incendio. Di fronte all’avanzare delle fiamme, tutti gli animali scapparono terrorizzati mentre il fuoco distruggeva ogni cosa senza pietà.
Leoni, zebre, elefanti, rinoceronti, gazzelle e tanti altri animali cercarono rifugio nelle acque del grande fiume, ma ormai l’incendio stava per arrivare anche lì.
Mentre tutti discutevano animatamente sul da farsi, un piccolissimo colibrì si tuffò nelle acque del fiume e, dopo aver preso nel becco una goccia d’acqua, incurante del gran caldo, la lasciò cadere sopra la foresta invasa dal fumo. Il fuoco non se ne accorse neppure e proseguì la sua corsa sospinto dal vento. Il colibrì, però, non si perse d’animo e continuò a tuffarsi per raccogliere ogni volta una piccola goccia d’acqua che lasciava cadere sulle fiamme.
La cosa non passò inosservata e ad un certo punto il leone lo chiamò e gli chiese: “Cosa stai facendo?”.
L’uccellino gli rispose: “Cerco di spegnere l’incendio!”.
Il leone si mise a ridere: “Tu così piccolo pretendi di fermare le fiamme?” e assieme a tutti gli altri animali incominciò a prenderlo in giro. Ma l’uccellino, incurante delle risate e delle critiche, si gettò nuovamente nel fiume per raccogliere un’altra goccia d’acqua.
A quella vista un elefantino, che fino a quel momento era rimasto al riparo tra le zampe della madre, immerse la sua proboscide nel fiume e, dopo aver aspirato quanta più acqua possibile, la spruzzò su un cespuglio che stava ormai per essere divorato dal fuoco. Anche un giovane pellicano, lasciati i suoi genitori al centro del fiume, si riempì il grande becco d’acqua e, preso il volo, la lasciò cadere come una cascata su di un albero minacciato dalle fiamme.
Contagiati da quegli esempi, tutti i cuccioli d’animale si prodigarono insieme per spegnere l’incendio che ormai aveva raggiunto le rive del fiume. Dimenticando vecchi rancori e divisioni millenarie, il cucciolo del leone e dell’antilope, quello della scimmia e del leopardo, quello dell’aquila dal collo bianco e della lepre lottarono fianco a fianco per fermare la corsa del fuoco.
A quella vista gli adulti smisero di deriderli e, pieni di vergogna, incominciarono a dar manforte ai loro figli.
Con l’arrivo di forze fresche, bene organizzate dal re leone, quando le ombre della sera calarono sulla savana, l’incendio poteva dirsi ormai domato. Sporchi e stanchi, ma salvi, tutti gli animali si radunarono per festeggiare insieme la vittoria sul fuoco. Il leone chiamò il piccolo colibrì e gli disse: “Oggi abbiamo imparato che la cosa più importante non è essere grandi e forti ma pieni di coraggio e di generosità. Oggi tu ci hai insegnato che anche una goccia d’acqua può essere importante e che «insieme si può» spegnere un grande incendio. D’ora in poi tu diventerai il simbolo del nostro impegno a costruire un mondo migliore, dove ci sia posto per tutti, la violenza sia bandita, la parola guerra cancellata, la morte per fame solo un brutto ricordo”.

La storia di Mamma Natura

La scuola dell’infanzia MilleColori si trovava in un paesino ai piedi della montagna. L’edificio sorgeva in un meraviglioso parco, pieno di fiori colorati e tanti maestosi alberi verdi. Accanto, passava un piccolo ruscello, dove scorrevano acque cristalline, mentre il sole splendeva alto nel cielo. L’ambiente era così bello che pareva uscito da qualche dipinto. I bambini che uscivano ogni giorno a giocare non facevano nemmeno più caso a quello splendido paesaggio, anzi, capitava pure che qualche bimbo più piccino gettasse per terra la carta della merenda, invece di metterla nell’apposito cestino. Un mattino di primavera, con gli alberi che pareva avessero intinto le loro foglie in un color verde intenso e brillante, gli alunni della scuola erano più vispi del solito. Uscirono dalla porta d’ingresso come cavalli imbizzarriti, gettarono tutte le cartacce sul prato, e qualcuno, arrivò ad afferrare qualche ramo di albero fino a spezzarlo. Nonostante gli insegnamenti delle maestre e dei genitori, i bimbi non ascoltavano minimamente. Quel brutto giorno, Mamma Natura si arrabbiò a tal punto da decidere di riprendersi tutti i suoi colori. Mandò sulla Terra una forte pioggia che iniziò a lavare piano piano tutto il paesaggio circostante la scuola MilleColori: il sole sbiadì, il cielo si riempì di nuvole scure, i fiori sbiadirono fino a diventare grigi, il prato diventò grigio, gli alberi e pure l’acqua del piccolo ruscello si tinse di un grigio scuro. Quando i bambini uscirono all’aperto, si resero ben conto di ciò che era successo.

-Ma qui è diventato tutto grigio! – esclamò un primo bimbo.

-Dove sono andati i bei colori dei fiori? – disse un secondo bambino.

Tutto intorno rimase così, il giorno seguente anche, e pure la settimana successiva. Finché i piccoli iniziarono a comprendere che forse Mamma Natura si era arrabbiata con loro perché non la rispettavano. Decisero allora di uscire tutti insieme in giardino, e di supplicarla di fare ritornare i colori ai fiori, al prato, agli alberi, al ruscello, al cielo e al sole.

-Mamma Natura! Ti preghiamo! Fai ritornare tutto come prima, abbiamo capito di aver sbagliato! –gridarono i piccoli con il nasino rivolto verso il cielo. Qualcuno iniziò a piangere e singhiozzare.

Mamma Natura, si intenerì, e decise di dare loro un’altra possibilità. Rimandò a terra una pioggia leggera, comparve l’arcobaleno, che iniziò a diffondere i suoi colori al paesaggio: il prato si ritinse di un bel verde smeraldo, i fiori di rosso e arancione, gli alberi di un verde più scuro, l’acqua del ruscello azzurra, il sole riprese il suo giallo oro e il cielo ritornò terso. I bambini della scuola dell’infanzia MilleColori, sorrisero. Da quel giorno compresero l’importanza del rispetto della natura e dell’ambiente e non gettarono mai più una carta per terra.

Rita Bimbatti

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