Storie e racconti di Pasqua

Storie e racconti di Pasqua

storie e racconti di pasqua

Una raccolta di storie, racconti e leggende di Pasqua per bambini.

Il pulcino cosmico

L’anno scorso a Pasqua, in casa del professor Tibolla, dall’uovo di cioccolata sapete cosa saltò fuori? Sorpresa: un pulcino
cosmico, simile in tutto ai pulcini terrestri, ma con un berretto da capitano in testa e un’antenna della televisione sul berretto.
Il professore, la signora Luisa e i bambini fecero tutti insieme: “Oh”,
e dopo questo oh non trovarono più parole.
Il pulcino si guardava intorno con aria malcontenta.
– Come siete indietro su questo pianeta, – osservò, – qui è appena
Pasqua; da noi, su Marte Ottavo, è già mercoledì.
– Di questo mese? – domandò il professor Tibolla.
– Ci mancherebbe! Mercoledì del mese venturo. Ma con gli anni
siamo avanti di venticinque.
Il pulcino cosmico fece quattro passi in su e in giù per sgranchirsi
le gambe, e borbottava: – Che seccatura! Che brutta seccatura.
– Cos’è che la preoccupa? – domandò la signora Luisa.
– Avete rotto l’uovo volante e io non potrò tornare su Marte Ottavo.
– Ma noi l’uovo l’abbiamo comprato in pasticceria.
– Voi non sapete niente. Questo uovo, in realtà, è una nave spaziale,
travestita da uovo di Pasqua, e io sono il suo comandante, travestito da
pulcino.
– E l’equipaggio?
– Sono io anche l’equipaggio. Ma ora sarò degradato. Mi faranno
per lo meno colonnello.
– Be’, colonnello è più che capitano.
– Da voi, perché avete i gradi alla rovescia. Da noi il grado più alto
è cittadino semplice. Ma lasciamo perdere. La mia missione è fallita.
– Potremmo dirle che ci dispiace, ma non sappiamo di che missione
si trattava.
– Ah, non lo so nemmeno io. Io dovevo soltanto aspettare in quella
vetrina fin che il nostro agente segreto si fosse fatto vivo.
– Interessante, – disse il professore, – avete anche degli agenti segreti sulla Terra. E se andassimo a raccontarlo alla polizia?
– Ma sì, andate in giro a parlare di un pulcino cosmico, e vi farete
ridere dietro.
– Giusto anche questo. Allora, giacché siamo tra noi, ci dica qualcosa di più su quegli agenti segreti.
– Essi sono incaricati di individuare i terrestri che sbarcheranno su
Marte Ottavo tra venticinque anni.
– È piuttosto buffo. Noi, per adesso, non sappiamo nemmeno dove
si trovi Marte Ottavo.
– Lei dimentica, caro professore, che lassù siamo avanti col tempo
di venticinque anni. Per esempio sappiamo già che il capitano dell’astronave terrestre che giungerà su Marte Ottavo si chiamerà Gino.
– Toh, – disse il figlio maggiore del professor Tibolla, – proprio
come me.
– Pura coincidenza, – sentenziò il cosmo-pulcino. – Si chiamerà
Gino e avrà trentatré anni. Dunque, in questo momento, sulla Terra, ha
esattamente otto anni.
– Guarda, guarda, – disse Gino, – proprio la mia età.
– Non mi interrompere continuamente, – esclamò con severità il
comandante dell’uovo spaziale. – Come stavo spiegandovi, noi dobbiamo trovare questo Gino e gli altri membri dell’equipaggio futuro,
per sorvegliarli, senza che se ne accorgano, e per educarli come si
deve.
– Cosa, cosa? – fece il professore. – Forse noi non li educhiamo
bene i nostri bambini?
– Mica tanto. Primo, non li abituate all’idea che dovranno viaggiare
tra le stelle; secondo, non insegnate loro che sono cittadini dell’universo; terzo, non insegnate loro che la parola nemico, fuori della Terra,
non esiste; quarto…
– Scusi comandante, – lo interruppe la signora Luisa, – come si
chiama di cognome quel vostro Gino?
– Prego, vostro, non nostro. Si chiama Tibolla. Gino Tibolla.
– Ma sono io! – saltò su il figlio del professore. – Urrà!
– Urrà che cosa? – esclamò la signora Luisa. – Non crederai che tuo
padre e io ti permetteremo…
Ma il pulcino cosmico era già volato in braccio a Gino.
– Urrà! Missione compiuta! Tra venticinque anni potrò tornare a
casa anch’io.
– E l’uovo? – domandò con un sospiro la sorellina di Gino.
– Ma lo mangiamo subito, naturalmente.
E così fu fatto.

da G. Rodari, Favole al telefono, Edizioni EL, San Dorligo della Valle 1993

Il paese delle uova di cioccolato
In un lontano paese c’è una città circondata da alte mura. Nelle giornate di primavera, lunghe file di uomini con un sacco sulle spalle fanno la coda davanti all’unica grande porta della città. Sulla porta c’è un guardiano che domanda ad ognuno:
– Chi siete?
– Sono un pasticciere, un droghiere, un commerciante.
– Allora potete entrare!
Il negoziante entra e poco dopo esce col sacco pieno.
Una volta, un bambino incontrò l’uomo col sacco e gli domandò:
– Signore cosa c’è nel vostro sacco?
– Uova di Pasqua, o, per meglio dire, uova di cioccolata.
– Ma come, nascono là, dietro quelle mura, le uova di cioccolata?
– Oh, è semplicissimo! Dentro quelle mura c’è una grandissima fattoria con migliaia di galline di cioccolata: di cioccolata la testa, di cioccolata le zampe, di cioccolata il becco, le penne … Che uova vuoi che facciano? Le galline di cioccolata non possono far altro che uova di cioccolata.
– Ma come si fa ad avere una gallina di cioccolata? – chiese curioso il bambino.
– Ecco: tu sai che dall’uovo nasce il pulcino e il pulcino poi diventa gallo o gallina. Allora si compra un bell’uovo di cioccolata, lo si mette in un cassetto e chi sa che un bel giorno non si senta fare pio … pio … pio … Si apre il cassetto ed ecco saltar fuori un bel pulcino nero.
Il giorno dopo, il negozio di uova di Pasqua fu preso d’assalto da una schiera di bambini che, invogliati dall’idea di fare il bell’esperimento, comprarono tutte le uova.
Ma nessuno di essi fu così bravo da resistere alla tentazione della gola e lasciar l’uovo nel cassetto.
M. Remiddi

La leggenda del pettirosso
Mamma uccello, così come faceva ogni giorno, lasciò nel nido i suoi piccoli per andare a procurar loro il cibo. Mentre era in volo, vide sulla cima di un monte tre croci e tanta gente. Curiosa, si avvicinò e sulla croce centrale vide inchiodato un uomo con una corona di spine in testa: era Gesù. Fu presa da una grande tristezza nel vedere tanta cattiveria e cercò il modo di alleviare una sofferenza così grande. Si posò allora vicino alla testa di Gesù e col becco cercò di staccare la spina più grande. Ci riuscì, ma il suo petto si macchiò di sangue. Tornò al nido, raccontò ai figli quello che aveva visto e, mentre li abbracciava, macchiò di rosso anche il loro petto. Da quel giorno in poi, quegli uccellini si chiamano “pettirosso”, in ricordo del gesto generoso di quella mamma.

Storia del Leprotto di Pasqua

C’erano una volta un papà leprotto ed una mamma leprotto, che avevano sette leprottini e non sapevano quale sarebbe diventato il vero leprotto di Pasqua.
Allora mamma leprotto prese un cestino con sette uova e papà leprotto chiamò i leprottini. Poi disse al più grande: “Prendi un uovo dal cestino e portalo nel giardino della casa,
dove ci sono molti bambini.” Il leprotto più grande prese l’uovo d’oro, corse nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco, corse per il prato e giunse al giardino della casa.
Qui voleva saltare oltre il cancello, ma fece un balzo così grande e con tanta forza che l’uovo cadde e si ruppe. Questo non era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al secondo. Egli prese l’uovo d’argento, corse via nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco, corse per il prato; allora la gazza
gridò “Dallo a me l’uovo, dallo a me l’uovo, ti regalerò una moneta d’argento!” E prima che il leprotto se ne accorgesse la gazza aveva già portato
l’uovo d’argento nel suo nido. Neanche questo era il vero leprotto di Pasqua. Ora toccava al terzo. Questi prese l’uovo di cioccolato.
Corse nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco e incontrò uno scoiattolo che scendeva, saltellando, da un alto abete. Lo scoiattolo spalancò
gli occhi e chiese: “Ma è buono l’uovo?” “Non lo so,” rispose il leprotto, “lo voglio portare ai bambini.” “Lasciami assaggiare un po’!”
Lo scoiattolo cominciò a leccare e poiché gli piaceva tanto, non finiva mai e leccò e mangiucchiò pure il leprotto, fino a che dell’uovo non rimase più nulla;
quando il terzo leprotto tornò a casa, mamma leprotto lo tirò per la barba ancora piena di cioccolato e disse: “Neanche tu sei il vero leprotto di Pasqua.”
Ora toccava al quarto. Il leprottino prese l’uovo chiazzato. Con quest’uovo corse nel bosco e arrivò al ruscello. Saltò sul ramo d’albero posto di traverso,
ma nel mezzo di fermò. Guardò giù e si vide nel ruscello come in uno specchio. E mentre così si guardava, l’uovo cadde nell’acqua con gran fragore.
Neanche questo era il vero leprotto di Pasqua. Ora toccava al quinto. Il quinto prese l’uovo giallo. Corse nel bosco e, ancor prima
di giungere al ruscello, incontrò la volpe, che disse: “Su, viene con me nella mia tana a mostrare ai miei piccoli questo bell’uovo!”
I piccoli volpacchiotti si misero a giocare con l’uovo, finché questo urtò contro un sasso e si ruppe. Il leprotto corse svelto svelto a casa, con le orecchie basse.
Neanche lui era il vero leprotto di Pasqua. Ora toccava al sesto. Il sesto leprotto prese l’uovo rosso.
Con l’uovo rosso corse nel bosco. Incontrò per via un altro leprotto. Appoggiò il suo uovo sul sentiero e presero ad azzuffarsi.
Si diedero grandi zampate, e alla fine l’altro se la diede a gambe. Ma quando il leprottino cercò il suo uovo, era già bello che calpestato, ridotto in mille pezzi.
Neanche lui era il vero leprotto di Pasqua. Ora toccava al settimo. Il leprotto più giovane ed anche il più piccolo.
Egli prese l’uovo blu. Con l’uovo blu corse nel bosco. Per via, incontrò un altro leprotto, ma lo lasciò passare e continuò la sua corsa.
Venne la volpe. Il nostro leprotto fece un paio di salti in qua e in là e continuò a correre, finché giunse al ruscello.
Con lievi salti lo attraversò, passando sul tronco dell’albero. Venne lo scoiattolo, ma egli continuò a correre e giunse al prato.
Quando la gazza strillò, egli disse soltanto: “Non mi posso fermare, non mi posso fermare!”
Finalmente giunse al giardino della casa. Il cancello era chiuso. Allora fece un salto, né troppo grande né troppo piccolo,
e depose l’uovo nel nido che i bambini avevano preparato.

…dal libro”Festeggiare la Pasqua con i bambini”

La leggenda della Fata Pasqualina
Esistono le fate, eccome. Noi esseri umani non le possiamo vedere, ma una volta abitavano il mondo insieme a noi. Poi improvvisamente sono fuggite ed ora abitano nei paesi dei TRA.
Come, non sapete che paesi sono? Ma sono i paesi che stanno tra tutti i TRA. Un esempio: tra il sogno e la realtà abitano le fate della fantasia; tra il dormi-veglia abitano le fate del mattino, tra il bene ed il male abitano le fate della giustizia e via di seguito.

Le fate abitavano sulla terra insieme a noi, ed a capo di tutte vi era la fata più bella, più dolce, più giusta che l’universo intero avesse mai creato. Figlia della stella più luminosa era giunta sulla terra per portare amore e pace. Lei aveva creato i rossi tramonti e le splendenti albe, lei era padrona degli eterni ghiacciai, e del blu di tutti gli oceani.
Con lei l’amore era sovrano, il nostro pianeta conobbe l’epoca più bella di tutti i tempi. Le fate vivevano insieme a noi aiutandoci ogni qual volta avevamo bisogno.
La terra era un paradiso. Ma, come accade in tutte le leggende anche in questa esiste un ma, la strega dell’invidia viveva di rancore verso le fate. Lei voleva essere sovrana degli uomini, lei voleva distruggere l’amore, lei odiava gli uomini che amavano le fate. Così pensò che se fosse riuscita a distruggere le fate gli uomini avrebbero adorato solo lei. Quindi se avesse distrutto Fata Pasqualina lei avrebbe vinto.
Vagò nelle notti senza luna nascondendosi a tutti e raccolse dai sogni degli umani i loro incubi peggiori, creò un sogno talmente pauroso che pure lei rischiò di esserne distrutta. Con questo sogno racchiuso in un’ampolla stregata iniziò la ricerca di fata Pasqualina, e quando l’avesse trovata, l’avrebbe obbligata a respirare il contenuto dell’ampolla: così Pasqualina sarebbe morta. Ma le fate che tutto percepiscono vennero a conoscenza del piano della malvagia Invidia e avvertirono la loro regina. Pasqualina non riusciva a capire perché Invidia l’odiasse tanto e cercò di sfuggirle.
Non conosceva però la tenacia che animava quella malvagia strega ed un giorno si trovò quasi prigioniera, Invidia le era alle spalle, l’aveva ormai raggiunta e si apprestava ad aprire la tremenda ampolla per farle respirare il contenuto. La malvagia ormai era sicura, aveva vinto!
Ma, esistono sempre i ma nelle leggende, passò di lì una piccola gallinella che vedendo la disperazione di Fata Pasqualina le disse:-Presto entra dentro il mio uovo.- e subito Pasqualina si dissolse ed entrò dentro l’uovo della buona gallinella. Invidia cercò in tutti i modi di trovare un apertura in quello strano oggetto che non aveva mai visto. Cercò di romperlo, ma quell’uovo era magico, sarebbe riuscito a romperlo solo chi era animato da buone intenzioni verso le fate.
Poi, improvvisamente, l’uovo scomparve e nessuno sa dove sia. Le fate, prive della loro regina, decisero di ritirarsi nei paesi dei TRA, e noi uomini ora siamo soli sulla terra.
Fu da quel giorno che una volta all’anno tutti noi acquistiamo le uova, da allora si chiamano di Pasqua, e le rompiamo sperando che dentro vi sia Pasqualina, ma nessuno ancora l’ha trovata. Vi si trovano solo regali che le fate dei paesi dei TRA ci fanno trovare per ricordarci che loro ci amano ancora.
Aspettano solamente che da un uovo fatato si manifesti la loro REGINA.
La terra potrà così tornare ad essere il regno delle fate, e noi felici per l’eternità.


Le uova fiorite
C’era una volta un coniglietto che voleva regalare a due bambini suoi amici tante uova di Pasqua.
Per fare una sorpresa, cercava un posto dove nascondere le uova. All’alba si avvicinò alla casa
dei bambini col suo sacchetto rigonfio. Il prato Iì davanti era tutto coperto di fiori di croco, bianchi,
gialli e azzurri, che rassomigliavano a tante uova colorate. Il coniglietto nascose le uova tra i fiori e se
ne tornò a casa.

Le uova di Pasqua del coniglietto

Racconto di K. Jackson

La notte di Pasqua, al chiaro di luna, un coniglietto cercava un posto per nascondere le uova di cioccolato, vicino alla casa di due bambini buoni.
Come sarebbero stati contenti i bambini, di trovare piccole uova colorate nascoste dappertutto! Però il coniglietto non riusciva a trovare il posto adatto. L’erba era troppo bassa e non le avrebbe nascoste, i cespugli avevano i rami troppo in alto, gli alberi non avevano fessure abbastanza grandi. Infine, il coniglietto rinunciò a nasconderle fuori casa.
– Lascerò il cestino e le uova in salotto – decise – dal momento che fuori non le posso nascondere.
Ormai è l’alba e devo sbrigarmi.
Mentre stava per entrare in casa, la luna tramontò e il sole spuntò.
Allora il coniglietto vide quello che non aveva notato al chiaro di luna. Il prato era tutto coperto di fiori di croco, bianchi, gialli e azzurri, che rassomigliavano a tante uova colorate. Era proprio un posto meraviglioso per nascondere le uova di Pasqua!
Il coniglietto felice cominciò a disporre le sue uova tra l’erba, in mezzo ai fiori, ed esse non si distinguevano per niente dai fiori di croco. Sembrava che d’improvviso i fiori sul prato si fossero moltiplicati.
– Che sorpresa per i bambini, quando troveranno le uova! – pensò il coniglietto soddisfatto, contemplando il prato.
A piccoli salti corse nella sua tana a dormire, stanco e contento, mentre il sole saliva alto nel cielo e i bambini, sbadigliando,
si svegliavano nel lieto giorno di Pasqua.
Al sorgere del sole avvenne un fatto straordinario: i fiori del prato diventarono uova di Pasqua.
Una colomba se ne accorse e andò in giro a spargere la notizia.
Presto il prato fu pieno di bambini, mentre le uova di cioccolato continuavano a fiorire.
Ancorò oggi i vecchi del paese raccontano che quella sia stata la Pasqua più dolce di tutte.

La leggenda della passiflora
Nei giorni lontani, quando il mondo era tutto nuovo, la primavera fece balzare dalle tenebre verso la luce tutte le piante della Terra, e tutte fiorirono come per incanto.
Solo una pianta non udì il richiamo della primavera, e quando finalmente riuscì a rompere la dura zolla la primavera era già lontana…
– Fa’ che anch’io fiorisca, o Signore! – Pregò la piantina.
– Tu pure fiorirai – rispose il Signore.
– Quando? – chiese con ansia la piccola pianta senza nome.
– Un giorno… – e l’occhio di Dio si velò di tristezza.
Era ormai passato molto tempo, la primavera anche quell’anno era venuta e al suo tocco le piante del Golgota avevano aperto i loro fiori. Tutte le piante, fuorché la piantina senza nome.
Il vento portò l’eco di urla sguaiate, di gemiti, di pianti: un uomo avanzava fra la folla urlante, curvo sotto la croce, aveva il volto sfigurato dal dolore e dal sangue…
– Vorrei piangere anch’io come piangono gli uomini – pensò la piantina con un fremito…
Gesù in quel momento le passava accanto, e una lacrima mista a sangue cadde sulla piantina pietosa. Subito sbocciò un fiore bizzarro, che portava nella corolla gli strumenti della passione: una corona, un martello, dei chiodi… era la passiflora, il fiore della passione.
Leggenda popolare

Il Drago e l’Uovo di Pasqua
C’era una volta un Drago che non aveva né moglie né figli e si sentiva tanto solo e tanto triste.
Un giorno passò vicino a un villaggio dove si festeggiava la Pasqua e si fermò a sbirciare attraverso i vetri delle case.
“Ma guarda un po’!” si stupì, accorgendosi che tutti, grandi e piccini, avevano ricevuto in regalo un bell’uovo. Qualcuno era colorato d’azzurro e d’argento. E qualcuno d’argento, d’oro e di tutti i colori dell’arcobaleno. Ma la cosa più straordinaria era che ogni uovo conteneva una sorpresa! Un giocattolino, un fermaglietto prezioso, due soldini di caramello o un pupazzetto morbido di peluche.
“Perché nessuno mi ha mai regalato un uovo con la Sorpresa? Si domandò allora il Drago, allontanandosi dal villaggio.
E siccome aveva un cuore molto tenero, si sedette all’ombra di una montagna e pianse un po’. “Forse” pensò “potrei trovare anch’io un uovo tutto per me”. E si mise a cercarlo dappertutto. Ispezionò le rive dei ruscelli e i prati fioriti. Cercò sotto i sassi, tra i rami degli alberi, in cima alle montagne e in fondo al mare profondo. Ma quando scese la sera, di uova con la sorpresa non ne aveva trovato neppure uno, neppure uno piccino piccino.
E cosa avvenne proprio in quel momento? Avvenne che una contadina distratta passò di lì e senza accorgersene lasciò cadere sull’erba un bell’uovo di gallina. Era un uovo molto piccolo, a dire la verità, e non era neppure colorato.
“Be’ meglio di niente” si accontentò il Drago. Prese l’uovo, lo portò a casa e per tutta la notte stette lì a guardarlo.
E così fece nei giorni e nelle notti successive, perché era così felice di possederlo che non si decideva a romperlo per vedere cosa ci fosse dentro.
“Cosa ci sarà?” si domandava. “Un pallone? Una bicicletta? Un nuovo tavolo per la cucina? Oppure una casetta con un giardino, un albero di pere gialle, un pozzo e un’ altalena?”.
Sino a che, una bella mattina, l’uovo si schiuse e cosa ne venne fuori? La testolina gialla di un pulcino!
“Oh, oh!” disse il Drago. Questa sì che è una sorpresa!”.
Oh, oh!” disse il Pulcino. “Questa sì che è una sorpresa!”. Saltò fuori dall’uovo, si guardò intorno e non vedendo nessun altro chiese al Drago: “Sei tu la mia mamma?”. Il Drago arrossì un po’ e non seppe cosa rispondere.
“Sì, Sei tu la mia mamma!” si convinse il pulcino. E così dicendo gli saltò in braccio.
Da quel giorno il Drago e il pulcino vissero sempre assieme.
E quando a Primavera arrivava la Pasqua, si regalavano l’uno all’altro magnifiche uova con la Sorpresa colorate d’azzurro, d’oro, d’argento e di tutti i colori dell’arcobaleno.

 

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